Pratiche di relazione nella vita di classe
di Pina Caporaso (insegnante elementare, coautrice del documentario Bomba libera tutti: stereotipi e differenze di genere in una classe delle elementari) – da Laspro n. 28 – maggio/giugno 2014
Me lo sono chiesto più d’una volta, da dove potevo prenderlo questo complicato rapporto tra l’educazione – e tutto quello che questa parola porta con sé – e le differenze di genere. L’identità maschile e femminile pare un prisma che tutto illumina certe volte nel complesso mondo di quella fascia d’età che va dai 6 agli 11 anni. E io so di non essere asessuata di fronte alla classe, so di essere una donna adulta che si mette in relazione con corpo, vissuto ed esperienza: so di essere un fare concreto che sbugiarda anche la più nobile intenzione se non è coerente con ciò che dice di essere.
Il bandolo della matassa, infatti, parte da qui: non si può affrontare la differenza di genere con i bambini e le bambine se non è qualcosa che appartiene profondamente al proprio interrogarsi sul mondo e sulle nostre vite. Non la differenza in sé, ma sapere che esistono modi in cui maschile e femminile sono stati storicamente, socialmente, culturalmente, politicamente definiti e da queste gabbie pare non si possa uscire, pena la divergenza da un modello rassicurante ben contemplato dalla parola “stereotipo”. Però, poi, a uno sguardo più profondo sulla classe e su di sé, ci si accorge che quel rassicurante confine che il ruolo sociale approvato ci ha assegnato finisce per non essere affatto rispondente ai nostri desideri e a ciò che ci piace veramente. Perciò mi viene in aiuto un’immagine circolata molto, in questi mesi, di una pubblicità Lego degli anni Ottanta.
I Lego, con cui tutti e tutte abbiamo spinto l’immaginazione e l’ingegneria molto più in là delle nostre possibilità, presentavano in quegli anni una bambina chiaramente nordeuropea, treccine rosse, salopette e maglietta a righe, felice, che mostrava fiera una sua personale costruzione. La scritta recitava: «What it is is beautiful». Com’è orgogliosa, dice la didascalia accanto alla foto, LEI; è uno sguardo che vedrete ogni volta che un bambino costruisce qualcosa da sé, non importa cosa sia. E si spiega come la Lego abbia set di costruzioni differenti per età, per intercettare il passaggio da un gioco puramente fantastico e finalizzato al divertimento a uno più realistico che si evidenzia man mano che l’età avanza. Ora confronto quella pubblicità con qualcosa che mi ha dato i brividi. La Lego oggi produce un’intera linea di costruzioni differenziate per genere. Via la bambina treccine e salopette, avanti il salone di bellezza o la sala da tè o la carrozza di Cenerentola per le bambine e il galeone dei pirati per i bambini. Non solo. I pezzi in scatola sono quelli strettamente necessari a realizzare il modello così com’è: niente possibilità di fuoriuscita, nessuna divergenza tollerata. O ti adegui al modello, oppure la tua costruzione non riesce. Continua a leggere →