di Alessandro Bernardini (da Laspro 36)
A guardare la foto non ci sono dubbi: io sono l’unico coi bermuda. È una di quelle immagini verdognole scattate senza flash. Il fotografo probabilmente è un purista, alza gli ISO e apre il diaframma e così noi veniamo tutti un po’ sgranati, con gli occhi leggermente cerchiati di nero. È quasi arrivata l’estate e qui dentro non ci sono finestre. Le luci artificiali glorificano l’altare e la coppa d’argento piena di pietruzze, in cui tra un po’ dovrebbe essere versato il sangue di Cristo.
A dire la verità il calice somiglia molto alla coppetta che mia sorella ha vinto qualche giorno fa al torneo di tennis a largo Preneste, un accrocco fatto di latta e plastica che si è meritata stracciando la concorrenza. È stato il capitano Agostino Di Bartolomei – che ha da poco chiuso la sua carriera con la Roma con 214 presenze e 49 gol per passare al Milan – a consegnarle il trofeo sotto gli occhi adoranti di noi bambini.
A proposito di Cristo: lui c’è, è proprio dietro di noi e non se la passa poi tanto meglio, visto che è inchiodato a una croce con la testa piegata a sinistra e probabilmente è già morto. Ogni tanto mi giro a guardarlo e sinceramente la sua faccia mi inquieta un po’. È così magro, scavato, con tracce di sangue che gli scivolano sul costato, i piedi ossuti bucati da un chiodo enorme e arruginito e le mani che sembrano due polipi in fuga. Continua a leggere