Colombia, raccontare le lotte

da Laspro numero 27

Intervista a Bruno Federico

Bruno Federico è un giornalista indipendente e regista di documentari che vive da dieci anni in Colombia. I suoi lavori (Casanare – Exhumando el genocidio, 2009, 107 Secondi – Operai del sud, 2011, El Gigante, 2012 e Apuntando al corazon, 2013) sono frutto di un rapporto diretto con le realtà di lotta che descrive, sia in Colombia che in Italia. Lo scorso 3 dicembre, mentre era insieme a un gruppo di contadini che reclamavano le proprie terre nella zona di Pitalito, due uomini armati hanno aperto il fuoco contro di loro, fortunatamente senza conseguenze. Gli abbiamo fatto quindi alcune domande sul suo lavoro e sulla condizione della stampa in Colombia.

Bruno Federico (a sinistra) durante riprese in Colombia

Bruno Federico (a sinistra) durante riprese in Colombia


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Santa Sangre [PornoGraffi #1]

Di Sabrina Ramacci

[illustrazione di Luisa Montalto]

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È una nuova rubrica. Dovrebbe parlare di come sono arrivata sin qui. E allora da dove comincio? Vediamo… Come in tutte le storie che si rispettino direi di cominciare dall’inizio, da quando non ero ancora qui, a 43 anni, ma in un paesino sperduto tra i monti. Nel resto del mondo erano gli anni Settanta, lì no. Lì era tutto sospeso in un tempo di provincia e così è, ancora oggi.

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La viralità mi fa male, lo so

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di Giusi Palomba

Succede di nuovo, il flusso comunicativo dell’etere nella sua furia indicizzatrice, scova il punto in cui fissare temporaneamente l’attenzione, e tenere impegnata l’opinione pubblica. Parte il protocollo: ipertrofia di analisi di esperti per esperienza diretta o indiretta a cui seguono quantità esponenziali di reazioni generate esclusivamente dall’accessibilità ai mezzi per diffonderle. Si verifica la condizione in cui i dati non sono più processabili. L’immagine mediatica eletta a guida, viene declinata nelle mille forme della creatività asservita ai formati cognitivi social. Nasce il meme.659540

Siamo soliti assistere alla riduzione di sistemi complessi in dinamiche da stadio, giudizi tagliati con l’accetta e suddivisi in tifoserie. Stavolta non c’è nemmeno bisogno di affidarsi a un’altra semantica: il caso esprime da sé tutta la sua potenza.

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