Sepsi #2 – Facile, sperimentale, etica

Prosegue il gioco proposto nel numero scorso, dove si partiva da tre domande per avviare la costruzione di un immaginario progetto politico. Qui la prima parte di Sepsi.

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di Emanuele Boccianti

# 1: Come vorresti che fosse la tua vita?

Sicuramente facile. Tra le invenzioni migliori dell’ingegno umano io metto l’ascensore, gli antibiotici e l’aria condizionata, e mi sembra una bella tripletta. Facile vuol dire non morire per un’influenza, andare a vedere una città dall’altra parte del mondo senza metterci una vita, o accedere a una grande quantità di informazioni stando seduti in casa. Vuol dire il più possibile lontana dal concetto arcaico della valle di lacrime: «Con dolore partorirai figli, con dolore trarrai il cibo dal suolo per tutti i giorni della tua vita, con il sudore del tuo volto mangerai il pane» eccetera. Continua a leggere

Il tempo per la rivolta

Editoriale di Laspro #25 (settembre – ottobre 2013)

di Luca Palumbo

Un’estate a friggermi il cervello sulla Turchia, il Brasile, l’Egitto, la Siria, la Val Susa, Niscemi e poi ecco che arriva l’autunno caldo, finalmente, a Roma. E arriva pure una telefonata: «Lu’, io sto andando, c’è già un macello di gente: precari, disoccupati, comitati per la casa da tutta Italia, No Tav, No Muos, addirittura gente da Istanbul e dal Cairo, ma poi quelli ormai non si stanno scannando come cani? Io non ci sto capendo più un cazzo». «Pasqua’, aspetta un attimo, io non posso venire, sto andando al lavoro, ho il turno di pomeriggio». «Cheee? Vabbè, tanto ormai è rivolta, passa domattina». «Nemmeno, domani attacco alle otto e stacco alle tre. Facciamo che vengo domani pomeriggio che sono libero, ok? Il tempo di arrivare da Casalotti-Boccea. Poi magari per dopodomani chiedo un paio d’ore di permesso».

 

Illustrazione di Lisa Lau

Illustrazione di Lisa Lau

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Scrivere la città – incontro e workshop sul reportage narrativo a Logos Festa della Parola

Un modellino di città realizzato utilizzando lettere dismesse di macchine da scrivere. L’opera è dell’artista Hong Seon Jang

Un modellino di città realizzato utilizzando lettere dismesse di macchine da scrivere. L’opera è dell’artista Hong Seon Jang

«Il reportage ha di solito molti autori ed è grazie a un’usanza invalsa da tempo che firmiamo un testo solo con il nostro nome. In realtà forse si tratta del genere letterario più collettivo che esista, giacché alla sua nascita contribuiscono decine di persone: gli interlocutori incontrati sulle strade del mondo che ci raccontano la storia della loro vita e della società alla quale appartengono, oppure eventi ai quali hanno partecipato o di cui hanno sentito parlare da altri. Questi estranei, a noi di solito sconosciuti, oltre a rappresentare una delle più ricche fonti di conoscenza del mondo, aiutano anche il nostro lavoro in molti altri modi, che vanno dal favorire i nostri contatti con altre persone al metterci a disposizione la loro casa, fino a salvarci addirittura la vita».
(Ryszard Kapuscinski)

Scrivere la città è una delle azioni che si svolgono lungo un continuum: conoscere, intrattenere rapporti, sentire in giro, muoversi, cercare dati. E poi rimettere a posto, incasellare, stabilire connessioni, limare, affinare, dare forma. Quando il lavoro è pronto, metterlo a disposizione, discuterne, parlarne, cambiarlo. Perché serva. Perché non sia una rappresentazione statica. Perché lo scrivere si incontri con il trasformare. Il reportage, come lo definisce Kapuscinski, è un genere letterario. Qualcosa di destinato a durare, e che può raccontare qualcosa di nuovo anche quando ciò di cui si narrava non esiste più, oppure è cambiato. Continua a leggere