Quando ammazzarono i precari – intervista a Cristian Giodice

di Renato Berretta (da Laspro numero 28 maggio/giugno 2014)

precarweb1scalatoQuando ammazzarono i precari – Cronache di inizio millennio, il primo libro di Cristian Giodice, è un romanzo che parla di quotidianità. Dopo le esperienze negli ambienti dell’underground letterario capitolino, tra riviste (in particolare come redattore e direttore di Laspro), racconti, reading e letteratura sociale, esce il tuo primo romanzo edito da Lorusso editore (186 pagine, 10 euro). Un lavoro che racconta, attraverso metafore e paradossi, questi primi anni del nuovo millennio. Da dove nasce l’idea di questo libro?
L’idea nasce molti anni fa, quando leggendo alcune pubblicazioni che trattavano il tema della precarietà, allora nascente, notavo come questa fosse narrata ponendo l’attenzione esclusivamente su quanto avveniva sul posto di lavoro. Erano letture che mi lasciavano un senso d’insoddisfazione, perché non era raccontato quell’aspetto emotivo che riguarda il lavoratore precario, la sua persona, ciò che avviene fuori dal luogo di lavoro, i sensi d’insicurezza, l’ansia. Insomma, la precedente letteratura sull’argomento non dava, a mio parere, il giusto risalto alle reazioni emotive indotte dalla precarietà nei soggetti coinvolti. Probabilmente, perché ancora non avevamo sbattuto completamente il muso contro questo fenomeno, o perché c’era una visione ancora immatura, insufficiente dello stesso. Io ho provato a raccontare quello che viene dopo, le conseguenze della precarietà, insomma il successivo step. Continua a leggere

Per saltare un muro bisogna prima vederlo

Editoriale su Laspro 28 (maggio-giugno 2014)

I grembiulini, blu con le moto, i palloni o Ben10, oppure bianchi coi colletti rosa, i ricami e le Winx. A “sottomanodipapà”, il gioco in cui bisogna indovinare in che mano sta il gessetto, lo scontro di genere è sottolineato da una linea sulla lavagna con M da una parte, F dall’altra.
La distinzione tra maschi e femmine nella scuola elementare, e prima ancora nella scuola dell’infanzia, è netta. Le eccezioni sono le bambine “maschiaccio” o i bambini “sensibili”, ma sono guardati ancora con una certa condiscendenza.

Illustrazione di Alex Lupei

Illustrazione di Alex Lupei

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Donne afghane tra violenza e resistenza, una questione politica

Intervista a Patrizia Fiocchetti
di Luca Palumbo (da Laspro numero 28, maggio-giugno 2014)

Afghanistan_fuor_-325x525Patrizia Fiocchetti è autrice, insieme al giornalista Enrico Campofreda, del libro Afghanistan fuori dall’Afghanistan – voci da un paese che resiste e cerca la sua storia (Poiesis editrice, 2013). Abbiamo incontrato Patrizia per parlare delle violenze sulle donne afghane, dei diritti violati e delle lotte delle donne stesse.

Nel libro raccontate e analizzate la drammatica situazione delle donne afghane e della società afghana, considerata la meno pacifica al mondo. Qual è stato lo scopo di questo progetto-inchiesta?
Lo scopo principale del libro, almeno per quanto mi riguarda, era quello di far conoscere l’Afghanistan nella sua complessità e nella sua veridicità, far sapere che è molto più grave e drammatico di quello che si immagina, di quello che viene descritto e rappresentato generalmente. Parliamo di una situazione contingente che riguarda diversi settori della quotidianità afghana, economica, sociale, culturale e inerente alla sicurezza, molto più drammatica di quello che si pensa, e questo considerando tutto il periodo dell’occupazione in atto nel paese, una situazione che tocca principalmente le donne. Un altro obiettivo del libro era quello di raccontare il fermento presente in Afghanistan, che per quanto non rappresentato a un livello molto alto è vivo, anche perché parte dalla base della società, grazie a movimenti, associazioni, organizzazioni democratiche le cui responsabili sono soprattutto donne, giovani donne, basti pensare che la più grande, Malalai Joya, ha solamente 35 anni. Donne che si fanno non solo portavoce del disagio del mondo femminile ma che sono estremamente attive e pioniere di cambiamento, soprattutto per poter dare alle donne afghane la possibilità di accedere a dei servizi e a delle situazioni educative e formative. Continua a leggere

Sosteniamo “Liberi sulla carta” – crowdfunding

Sin dai primissimi numeri di Laspro, cinque anni fa, abbiamo trovato un gruppo di sostenitori in quel della Sabina, dove un gruppo di volontari e volontarie animavano paesi di poche migliaia di abitanti con circoli di lettura, iniziative artistiche e, dal 2009, addirittura una fiera dell’editoria indipendente chiamata Lib(e)ri sulla carta, che è cresciuta tanto in questi anni, mentre il sostegno pubblico all’iniziativa è rimasto poco più che simbolico. Per questo gli organizzatori della manifestazione, tenuta nel borgo dell’abbazia di Farfa in provincia di Rieti, chiedono ora di sostenerla concretamente acquistando quote anche minime dal sito di Produzioni dal basso. A oggi servono 8.620 euro in 62 giorni poi, come scrive Fabrizio Moscato dell’organizzazione, #LiberisullaCarta prenderà forma o sarà un bellissimo ricordo. Questo il testo dell’appello:Stampa

Liberi sulla Carta (o LSC) è un festival letterario e una fiera dell’editoria indipendente. In cinque anni a Farfa, sede della storica abbazia a poco più di mezz’ora da Roma, si sono alternati scrittori, editori, giornalisti e lettori in uno spazio libero, aperto al confronto e totalmente gratuito.

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Vuoi metterti con me? [PornoGraffi #2]

Di Sabrina Ramacci

[illustrazione da quadretto made by The Babbionz]

Made by The BabbionzI glitterati anni Ottanta splendevano su di noi e all’epoca mai avremmo mai immaginato le conseguenze di tutta quella superficialità esistenziale. Noi avevamo altro a cui pensare. Il consumismo ci imponeva un’unica sola fede nei beni materiali poiché solo possedendo i giusti feticci si sarebbe rimorchiato il tipo giusto. Io possedevo poco o niente. Avevo il Ciesse e non il Moncler, avevo delle Timberland rosa comprate in svendita, perché quelle marroni costavano troppo, ma avevo lo zaino Invicta, quello sì. Soprattutto avevo tante spalline e tanti body, quelle magliettine con i bottoncini a scatto, tanto pratici e tanto orribili.

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